“Il punto” del Segretario Generale di Imprese Italia Carlos A Sorrentino “ UN TRACOLLO PER MIGLIAIA DI MEDIE E PICCOLE IMPRESE COMMERCIALI ED ARTIGIANE “
01/11/2020 – Spesso si dice che la tremenda pandemia da corona virus in atto, oltre a non conoscere confini geografici non distingue tra ricchi e poveri. Quest’ultima affermazione ha, naturalmente, un fondamento ed è, almeno in parte, conseguente alla fragilità dei confini geografici rispetto alla forza dirompente del contagio. Ma il rapporto tra il Covid-19 e le disuguaglianze non si esaurisce nel riconoscimento che lo status economico e sociale non discrimina perfettamente tra i sommersi e i salvati.
Dopo quasi nove mesi di pandemia si contano i danni: oltre un milione di morti e una recessione globale. Ad agosto il World Economic Forum stimava fra gli 8 e 15 mila miliardi di dollari, che a fine anno diventeranno 17,3 secondo la Australian National University. Una cifra destinata a crescere almeno fino a quando non sarà disponibile il vaccino. L’aumento dei deficit pubblici nei Paesi avanzati si piazza attorno al 20% dei loro Pil, con una crescita altrettanto rilevante degli indebitamenti dei governi. Intanto nei 37 Paesi dell’Ocse la disoccupazione è passata dal 5,3% del 2019 al 9,7%. Nel secondo trimestre il commercio globale è sceso del 18,5%.
L’emergenza da Covid – 19 ha stravolto il calendario fiscale dacché il Governo ha deciso di rimandare ad un secondo momento tutti gli appuntamenti con il Fisco. Come era prevedibile fin dalle prime misure di contenimento, la pandemia in corso determinerà i suoi effetti anche sul settore economico – e di riflesso su quello tributario – con inevitabili difficoltà per il sistema aziendale italiano già alle prese con una pressione fiscale che conquista il podio europeo.
Sebbene il Decreto Legge n. 23/2020 c.d. “Decreto liquidità” abbia previsto sospensioni per il versamento del carico fiscale, ci si chiede quali impatti – e qui sarebbe il caso di aggiungere negativi – subiranno le imprese italiane una volta terminati tali benefici.
Infatti, dopo il lockdown i contribuenti dovranno fare i conti non solo con i versamenti di marzo, aprile e maggio spostati a giugno, ma anche con una serie di imposte, già prefissate, in attesa di essere pagate una volta tornati alla “normalità”.
Tuttavia, con il differimento – e non, dunque, la cancellazione – dei versamenti al Fisco, il Governo sembra non tener conto delle misure di contenimento che hanno costretto le imprese a fermarsi per quasi due mesi, dimenticando, dunque, le perdite di fatturato che, oltre a gravare sui dipendenti (con diminuzioni salariali, se non addirittura licenziamenti), impediranno ai più di adempiere alle imposizioni tributarie.
L’auspicio – assolutamente impossibile per le tasche già vuote del nostro Paese – è una moratoria del sistema tributario, a nulla rilevando la previsione della non imputabilità degli interessi moratori sui ritardi nei pagamenti, in quanto non aiuteranno certo le imprese a ripartire indenni dalla crisi.
Come noto, le imprese italiane pagano tasse e contributi molto più che nel resto d’Europa, restando penalizzate rispetto a tanta parte della concorrenza globale.
Di fatti, con il 59, 1% di carichi sulle imprese l’Italia si piazza al secondo posto in Europa con una tassazione dell’attività produttiva che comporta non poche difficoltà nel pagare imposte e tributi per gli imprenditori, i quali – ad oggi – devono aggiungere a tale situazione quella determinata dall’emergenza epidemiologica in corso.
La grave situazione è stata anche attenzionata, con una una nota del nostro Presidente di Imprese Italia Cefalo Biagio, al Presidente del Consiglio dei Ministri, la crisi economica in corso rischia di portare con sé il fallimento delle piccole e medie imprese che in Italia costituiscono il cuore pulsante del tessuto produttivo, attesa l’inefficacia – o meglio, l’insufficienza – delle misure adottate dal Governo per far fronte alla straordinarietà della crisi da Coronavirus.
Ed invero, una volta esauritesi le misure di contenimento, dette imprese dovranno – rectius, dovrebbero – adempiere gli obblighi tributari slittati di qualche mese, ma senza alcuna risorsa, visto che quello che avevano è stato interamente adoperato per il mantenimento in vita dell’attività che non ha fatturato o, se lo ha fatto, non in modo soddisfacente ciò si aggiunga che tanti degli adempimenti di carattere tributario non sono calcolati secondo il principio di progressività, ma restano fissi, a prescindere dall’attività concretamente svolta (per esempio, tassa sui rifiuti).
Nondimeno, la chiusura forzata delle attività non fa venire meno le spese di utenze che, per quanto diminuite, arriveranno puntuali a sommarsi a quelle del Fisco. Insomma, il carico fiscale gravante sulle imprese unito all’insufficienza delle misure adottate dal Governo e alle spese fisse che un’azienda si trova a fronteggiare mensilmente potrebbero portare al default del sistema economico italiano.
Il capo IV del Dl “liquidità” indica quali adempimenti di carattere tributario sono sospesi o rinviati. Nel mese di giugno, terminato il lockdown, i contribuenti saranno chiamati a versare tutte le imposte e i tributi relativi al mese di marzo, aprile e maggio.
Tra le tasse rinviate a giugno rientrano, tra le altre, le ritenute e i contributi IVA di marzo, aprile e maggio, nonché gli avvisi di addebito degli enti previdenziali.
All’elenco appena fatto dei versamenti posticipati a giugno, si vanno ad aggiungere le imposte già presenti sul calendario fiscale. Lo slittamento delle tasse, infatti, riguarda per lo più gli appuntamenti con il Fisco di marzo, aprile e maggio, mentre nulla è stato predisposto per quelli di giugno. È bene precisare che – per quanto non risolutiva – al contribuente verrà riconosciuta comunque la possibilità di dilazionare i pagamenti fino a cinque rate mensili di pari importo.
Insomma, possiamo dunque dedurre che, a meno che il Governo non disponga diversamente una volta finito il lockdown, i contribuenti saranno chiamati a pagare anche l’acconto Imu, Irpef, Ires e Irap relative all’anno di imposta 2019.
I versamenti di tali imposte, salvo disposizioni differenti, rimangono infatti fissati al mese di giugno.
Più precisamente, operando una modifica all’art. 2086 del Codice Civile, l’art. 375 del CCI prevede che l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a prevenire le crisi e la perdita della continuità aziendale. In altri termini, ogni impresa ha necessità e caratteristiche proprie che devono essere protette e sviluppate al meglio, con la precisazione, però, che è indispensabile disporre di un assetto personalizzato valido ed efficace.
Contro la Cina cresce con l’esportazione di materiale sanitario In Cina le cose vanno meglio: a fine anno il Pil registrerà un più 1,9%. Un anno e mezzo fa uno studio della Brookings Institution stimò che il Pil effettivo è del 12% minore di quello delle statistiche ufficiali, ma trovare altri dati più credibili è impossibile. Le esportazioni sono aumentate del 10,4%, soprattutto materiale sanitario e apparecchiature elettromedicali di cui il mondo ha disperatamente bisogno. Con il crollo del turismo cinese internazionale sono aumentati i consumi interni: i cinesi acquistano a casa loro quello che prima acquistavano in Giappone e in Europa, soprattutto nel lusso. Il gruppo Kering (Gucci e YSL) ha fatto un più 40% nel secondo trimestre 2020. La People Bank of China ha allentato le riserve che devono detenere le banche e ha immesso nell’economia 212 miliardi di dollari. La disoccupazione è del 5,6%, ma ci sono 8,7 milioni di studenti appena usciti dalle università che devono trovare lavoro.